L’UOMO DEI RECORD — Sebastian è un figlio del suo tempo, degno erede di un altro robot dell’automobilismo, quel Michael Schumacher il cui ritiro aveva gettato i tedeschi un po’ nel panico. Invece “morto un Papa” se n’è fatto (quasi) subito un’altro, tedesco come il Papa vero. Velocissimo come Michael (che si è voluto complimentare subito col giovane connazionale), determinato in egual misura. Non crediamo che il primato di sette titoli dell’ex ferrarista sia in pericolo, Schumi resta un esempio di longevità e furore agonistici difficilmente ripetibili. Ma, guardando l’anagrafe, non è difficile puntare il dito su chi potrebbe tentare l’attacco a quello spaventoso record di vittorie. “Nervi saldi e classe da campione” l’omaggio del cancelliere tedesco Angela Merkel, evidentemente informatissima e soprattutto competente.
PREMIATO DA SCHUMI — Vettel è nato a Heppenheim il 3 luglio 1987. Nato in una “famiglia da corsa” (il padre era coinvolto nelle gare in salita e kart), a 3 anni e mezzo riceve in regalo un minikart. A 5 l’ esordio in pista, a 8 (età minima) le prime corse. In 8 anni di kart coglie vittorie in serie e viene pure premiato da Schumi. Nel 2002 vince la selezione per la F.Bmw dove è 2° all’ esordio nel 2003 e trionfa nel 2004 con 18 vittorie in 20 gare. Opzionato dalla Bmw, è 5° nell’Euro F.3 2005, 2° l’ anno dopo. Tester Bmw in F.1 e pilota World Series Renault, esordisce in F.1 a Indy nel 2007 sostituendo Kubica. Poi passa alla Scuderia Toro Rosso. Un team dove cresce fino a vincere il suo primo GP, a Monza 2008, fino far sognare i ferraristi nell’ultima celebre gara di Interlagos: tiene dietro Hamilton nel concitato finale in cui però Massa perde il titolo.
L’ESPLOSIONE — Poi il passaggio alla Red Bull e l’esplosione. Nel 2009 si arrende alla BrawnGP di Jenson Button ma si mette in evidenza con 4 vittorie e 4 pole position. È secondo nel Mondiale e già si parla di occasione perduta. Entra però nel club dei velocissimi, tutti sanno che nel lotto dei più forti c’è anche lui, il titolo è solo una questione di tempo. Ci riesce nel 2010, l’anno più complicato perché si ritrova circondato di rivali imbelviti, Webber in casa e altri due mastini fuori, Hamilton e Alonso. Sensazionale in qualifica (10 pole position) spreca però tanto in gara (5 le vittorie). Passa pure per l’inferno della sconfitta quando gli esplode il motore in Corea: era saldamente in testa e quei 25 punti gli avrebbero permesso due ultime gare più agevoli. Si rialza come un grande pugile incassatore: vince di prepotenza in Brasile e negli Emirati Arabi. Ad Abu Dhabi anche con la complicità innegabile del muretto della Ferrari, un erroraccio che nel tempo, ci scommettiamo, diventerà un ricordo sfumato. Non come l’inchiostro di tutti gli albi d’oro della F.1, da cui il suo nome non uscirà mai più.
Gazzetta.it
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