A dare il via al potenziale nuovo caso è la Fiom (sigla sindacale rimasta tagliata fuori dall’accordo per Mirafiori) dalla quale arrivano dichiarazioni in cui i rappresentanti dei lavoratori di Cassino si dichiarano pronti “alla sfida che ci lancia Marchionne”.
La sfida in questione è la volontà del gruppo torinese di riorganizzare lo stabilimento laziale sulla falsariga di quanto fatto a Pomigliano d’Arco prima e a Mirafiori poi, proseguendo nel piano di rinnovamento dell’apparato produttivo dislocato in Italia.
Una strategia che però continua ad alimentare le polemiche, tanto che gli operai stanno già preparando uno sciopero per il 28 gennaio, quando a Cassino si riuniranno tutti i lavoratori metalmeccanici del Lazio. Questo appare il risultato di quanto già visto nell’assemblea organizzata lo scorso martedì, in cui i lavoratori, soprattutto quelli delle catene di montaggio che più di altri si dicono danneggiatidalle nuove strategie Fiat, hanno manifestato disappunto e rabbia riguardo quanto accaduto a Mirafiori.
“Abbiamo discusso con i lavoratori di Cassino il fatto che è necessario respingere questo disegno basato sulla competizione che riduce diritti e contratti. Siamo convinti che in questo modo non ci sarà futuro per la produzione dell’auto nel nostro paese” dice il segretario generale della Fiom Landini, a cui fa eco il segretario provinciale dello stesso sindacato, Arcangelo Compagnoni, che dichiara: “ormai c’è un asse ideale che unisce gli stabilimenti Fiat di tutta Italia, e la speranza è che davvero Marchionne riapra il confronto: se pensa di governare in questo modo gli operai che lavorano sulle linee, si sbaglia”.
Insomma tra Marchionne e la Fiom la rottura è totale e Cassino sarà con ogni probabilità il prossimo terreno di scontro in cui le due “fazioni” si affronteranno. In ballo stavolta ci sarà il futuro di uno stabilimento che conta attualmente 4.500 operai che producono 600 vetture al giorno tra Giulietta, Bravo e Doblò e che, secondo Compagnoni, lavora a metà delle sue potenzialità.
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