Formula 1

Hamilton critica la Formula 1 e i colleghi: fronte spaccato sull’End Racism

Le immagini di Lewis Hamilton prima di indossare il casco e salire sulla Mercedes per un Gran Premio d’Ungheria che dominerà dalla prima all’ultima curva sono abbastanza eloquenti.

Lewis Hamilton dopo la vittoria in Ungheria (Foto: Getty Images)

Prima di completare la vestizione e salire in macchina Hamilton si avvicina a un funzionario FIA e gli chiede qualcosa. Il tono non è molto amichevole anche se la cosa non è chiara. Poi, indossati guanti e casco, il campione del mondo fa la cosa che gli riesce meglio. Vince dominando la scena.

Hamilton furibondo per la cerimonia pregara accelerata

Quello che è successo emerge al termine del Gran Premio, in serata quando il circus sta già sbaraccando dall’Hungaroring. La prassi concordata dai piloti e dalla FIA voleva che anche prima del gran premio magiaro si svolgesse una cerimonia ispirata al messaggio antirazzista di cui la Formula 1 e Hamilton si sono fatti portavoce fin dall’inizio della stagione. Ma prima dell’inizio della gara la FIA, con una mail, aveva cambiato il programma. Piloti schierati sotto il podio davanti al maxischermo e cerimonia più rapida. Ad Hamilton la cosa non è piaciuta.

Ma la cosa che più ha irritato il campione del mondo è che alcuni piloti siano arrivati in ritardo alla cerimonia costringendo gli organizzatori a modi più sbrigativi per non bruciare la partenza della messa in onda televisiva internazionale. I presenti dicono che Hamilton fosse furibondo. Dei venti piloti iscritti al via solo quindici sono arrivati puntuali, altri cinque si sono presentati alla spicciolata e solo otto di loro si sono inginocchiati a terra per il knee-down, la manifestazione simbolo della protesta antirazzismo. In Austria era andata meglio: sedici presenti e dodici piloti in ginocchio prima della partenza.

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Lewis Hamilton tra i pochi a inginocchiarsi contro il razzismo prima del via (Foto: Getty Images)

Un messaggio non unitario

Knee-down a parte Hamilton rimprovera ai colleghi e alla FIA un fastidioso ‘ritorno alla normalità’: “Non sono certo io a dovere obbligare qualcuno – dice il pilota della Mercedes – ognuno è libero di prendere questa manifestazione come preferisce o di non condividerla affatto ma la mia sensazione è che passato il momento di grande attenzione collettiva tutto possa tornare a essere dimenticato. E questo non lo accetto”.

Parlando con Sky F1, Hamilton ha duramente attaccato la FIA sulla cerimonia di Budapest accelerata e tagliata: “Non è questo il modo di mandare un segnale chiaro di condanna al razzismo. Se pensano che una volta finito il compitino la questione sia risolta si stanno sbagliando. C’è bisogno di fare di più, di essere costanti. Non basta un hashtag con un buon comunicato stampa per il primo Gran Premio” si lascia scappare Hamilton. Dando in qualche modo ragione a quelli che ritengono che la campagna End Racism abbia fatto comodo alla FIA per lanciare il mondiale in un momento di grande difficoltà.

“Preferisco pensare che sia stato solo un problema di organizzazione e di comunicazione – dice il pilota campione del mondo – scriverò subito una e-mail per far sì che le procedure siano spiegate e che ci sia più tempo a disposizione per non fare le cose frettolosamente”.

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Lewis Hamilton all’arrivo del suo 90esimo gran premio vincente (Foto: Getty Images)

Non tutti i piloti vogliono inginocchiarsi

Intanto però il presidente dell’associazione piloti di Formula 1 Romain Grosjean ha ammesso che non era stata presa alcuna decisione in merito ai piloti che prendevano posizione collettiva e si mettevano in ginocchio davanti alla gara. Hamilton lo ha contestato: “Grosjean pensa che non sia una cosa importante perché visto che l’abbiamo fatto una volta è stato fatto tutto quello che c’era da fare. Gli ho parlato e credo sia debba convincere anche lui che questo messaggio non può venire meno. Ma io con gli altri piloti, non posso fare molto. Convincere anche solo un paio di loro in Austria è stata una vera battaglia. Vorrei che tutti potessero aderire a questa campagna, mi piace pensare che prima della fine della stagione saremo tutti con un ginocchio a terra. Significherebbe che tutti hanno capito e che siamo davvero uniti”.

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Stefano Benzi

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