Dakar, l’epopea del Rally raid più famoso, pericoloso e difficile

La Dakar, anche nel 2021 ospitata in Arabia Saudita, festeggia la 42esima edizione di una corsa leggendaria e pericolosissima

Dakar
Un’immagine della Dakar dello scorso anno sulle piste dell’Arabia (Getty Images)

Dal 1979 la Dakar rappresenta qualcosa di speciale per tutti gli appassionati degli sport motoristici e dei rally. La Dakar è indiscutibilmente la gara fuoristrada più dura e difficile del mondo.

Il mito della Dakar

Il progetto di Thierry Sabin, il creatore e fondatore della Dakar, era quello di creare un ponte tra l’Europa e l’Africa. Sabin, un sognatore, un visionario, era un imprenditore molto particolare che nasceva come pilota. Un competitor che amava l’Africa profondamente. E in modo particolare il Senegal e Dakar. Fu lui, nel pieno dell’ondata di migrazione di africani e senegalesi che arrivava in Francia, a volere una corsa che “restituisse qualcosa all’Africa”. Sabin aveva creato la prima edizione della Parigi-Dakar due anni dopo che proprio lui, ottimo pilota, si era perso nel deserto del Tenere durante la Londra-Sahara-Monaco, il prologo della Dakar, il primo rally che riuscì ad attraversare il deserto.

Le prime edizioni della Dakar furono anche le più belle e romantiche. Sabin studiò tutto nei minimi particolari: il bivacco al termine di ogni segmento, le immagini dei piloti davanti al fuoco, con i meccanici al lavoro intorno a macchine e moto. Era tutto davvero molto speciale.

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La morte di Sabin

L’epopea della Dakar è legata al Sahara: la gara è riservata ad auto e moto. Poi anche camion (inizialmente i mezzi pesanti erano solo d’appoggio poi entrano a loro volta in gara) e infine anche quad. Chi almeno una volta nella vita vuole vivere questa esperienza indimenticabile, sa di dovere mettere in gioco la propria vita. Purtroppo gli incidenti mortali sono stata la costante di ogni singola edizione: tanti,  tantissimi incidenti che rendono la Dakar la corsa più mitica ma anche più pericolosa e imprevedibile.

Il dramma sicuramente più significativo nella storia della Dakar fu proprio la morte di Thierry Sabin, precipitato il 14 gennaio del 1986 nel deserto del Mali con il suo elicottero. In quello schianto morirono insieme a Sabin altre quattro persone. Le ceneri del creatore della Dakar vennero disperse al Lost Tree, l’albero del deserto del Niger che da allora si chiama “Arbre Thierry Sabin”.

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Carlos Sainz
Il pilota Carlos Sainz festeggia la vittoria alla Dakar 2020 (Getty Images)

Dakar in Sud America

Le gravi tensioni tra i paesi africani, spesso implicati in sanguinosi scontri, spengono definitivamente il mito della Dakar nel 2008 quando la corsa viene cancellata dopo che quattro turisti francesi vengono uccisi per rappresaglia in un attentato terroristico. Il raid africano non esiste più: la corsa si trasferisce sulle piste del Sud America. Una gara completamente diversa, molto più organizzata dove gli investimenti delle grandi case automobilistiche fanno la differenza. Il rally raid viene dominato non solo dai grandi piloti, fuoriclasse come Auriol, Peterhansel, Neveu, Despres, Sainz, Roma piuttosto che gli italiani Orioli e Meoni. Ma anche da progetti nuovi: prototipi e bolidi di nuovissima generazione.

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Dal Sud America al Medio Oriente

Dallo scorso anno la corsa si è trasferita in Arabia: motivi di business, con nuovi capitali, ma anche agonistici con il deserto che torna a essere la vera casa del rally raid. A oltre quarant’anni dalla sua genesi il rally affronta una nuova trasformazione: con i prototipi, i Buggy, le auto ibride. Restando però con il suo nome legato alle sue origini, al Sahara e all’Africa. Che restano nell’imprinting del rally raid più famoso del mondo. Ma forse ormai solo in quello.

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