Marquez, il direttore clinica mobile pessimista: "Non sarà più come prima" (Getty)
Il dottor Zasa, direttore sanitario della Clinica Mobile, ha parlato di Marc Marquez, del suo braccio, dei possibili problemi legati all’infortunio
Marc Marquez è pronto a tornare in sella alla sua Honda. Il lungo periodo di assenza a causa dei numerosi problemi al braccio dovrebbe finire: il pilota è atteso in pista a Portimao. Eppure restano i dubbi e le preoccupazioni sulle sue condizioni. Un alone di incertezza dovuto alla particolarità del suo infortunio e ai continui rinvii del suo ritorno in pista. Si aspetta di avere la garanzia che lo spagnolo possa essere al top della condizione, ma per questo bisognerà pazientare ancora.
Delle condizioni di Marqeuz ha parlato il dottor Zasa: direttore sanitario della Clinica Mobile MotoGP in un’intervista curata da Federico Aliverti su Motociclismo.it
“Non ho seguito personalmente Marquez durante la sua degenza – spiega il medico – per questo le mie sono ipotesi basate solo sulle informazioni che tutti conosciamo. Detto ciò, l’ho sentito più volte, ma mai per un consulto. Ultimamente mi diceva che il braccio non gli dà problemi, ma a volte sente qualche fastidio”. Il dottor Zasa conferma che la carriera del pilota è stata a rischio: “Quando un omero (l’osso del braccio interessato, ndr) non guarisce si può arrivare a un’infezione che in alcuni casi può portare alla perdita del braccio”.
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La domanda che i tifosi si fanno è se Marquez tornerà al 100%: “Va detto che il recupero di un osso fratturato non lo riporta mai alla condizione originaria. E’ come se si “attaccasse” con la colla – spiega Zasa – quindi il danno è riparato, ma nulla è come prima. Cambia la morfologia a causa del callo osseo. Non è nemmeno vero che il braccio dopo la frattura sia più resistente, anche se Marquez ora ha una placca che lo rafforza”
Il medico prova a immaginare l’impatto della pista su Marquez: “L’attività in sella restituirà le reali condizioni del pilota – conclude – lui è scrupoloso nella preparazione atletica, ma bisogna capire se i muscoli dopo tanto tempo di stop saranno pronti. Ma la vera sfida sono i riflessi e il fattore psicologico. Spesso, la statistica ci dice che i piloti reduci da un brutto incidente hanno un approccio più prudente: occorrerà lavorare anche su questo aspetto”.
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