I giovani dicono “no” alle autoscuole. Ecco perché questo diventa un enorme problema sociale…
Le autoscuole in Italia affrontano una crisi profonda, con un calo significativo delle iscrizioni e un rischio concreto di collasso per il settore. La trasformazione delle abitudini dei giovani e un mutamento culturale stanno progressivamente erodendo il valore simbolico dell’auto e della patente di guida, fino a mettere in discussione la sua stessa rilevanza nella vita quotidiana delle nuove generazioni.

Negli ultimi anni, il rapporto tra i giovani italiani e l’automobile si è profondamente trasformato. Un tempo, i diciottenni sognavano la loro prima auto, simbolo di libertà e indipendenza, oggi invece si spostano prevalentemente con monopattini elettrici e servizi di mobilità condivisa. Il possesso della patente di guida non è più un traguardo ambito subito dopo il compimento della maggiore età, ma una necessità rimandata fino a quando diventa indispensabile.
I dati nazionali confermano questa tendenza: negli ultimi dieci anni, le auto intestate agli under 25 sono diminuite del 43%, mentre la percentuale di patenti rilasciate ai minori di 21 anni è scesa di circa il 10%. Parallelamente, l’età media per conseguire la patente è salita a 20 anni. A livello locale, la situazione varia, ma il quadro generale è omogeneo: la patente perde smalto come simbolo, restando però uno strumento indispensabile per esigenze pratiche.
La disperazione degli istruttori
A Casale Monferrato, Marco Guaschino, titolare della omonima autoscuola, osserva una crescente disaffezione: “Molti ragazzi non sentono più l’esigenza di prendere la patente. Vivono connessi ai social e non si preoccupano di spostarsi se non quando arriva il lavoro o un genitore che si stanca di portarli in giro”, la sua analisi.
A Tortona, il collega Fabrizio Zinzi conferma il fenomeno con toni più critici: “I giovani si iscrivono solo perché è necessario, senza alcuna passione. Durante le lezioni hanno sempre il cellulare in mano e durante la guida mostrano una postura da smartphone, come se non si abituassero mai ai comandi dell’auto. La manualità è crollata, faticano persino a capire come muovere i comandi”.

Non si tratta solo di una questione generazionale legata al digitale, ma di un cambiamento culturale più profondo, come spiega Piercarlo Spandonaro, dell’autoscuola Moderna di Alessandria: “La passione per il motore è sparita. Un tempo l’auto era un’estensione di sé: si curava, si lucidava, si viveva. Oggi è soltanto un mezzo funzionale. I giovani la prendono perché serve al lavoro, ma non la desiderano”.
Pasquale Foti, della storica autoscuola Ceriana di Alessandria, aggiunge una prospettiva diversa: “I giovani vogliono ancora la patente, è fondamentale per lavorare. Senza patente non si lavora, e lo sanno bene. I nostri corsi sono sempre pieni, anche se la frequenza è meno regolare”. Simile il quadro a Valenza, dove Paolo Boselli conferma che l’età media per conseguire la patente non è cambiata molto e che i giovani si iscrivono subito dopo i 18 anni. “Il problema non è economico, ma una questione di impegno e approccio: oggi vogliono tutto pronto e veloce”.
Il settore delle autoscuole, strettamente legato a queste dinamiche, si trova così a dover affrontare un cambiamento epocale, che rischia di mettere a dura prova la sua stessa sopravvivenza. Il futuro della formazione alla guida in Italia è dunque incerto, sospeso tra il cruscotto tradizionale e il touchscreen delle nuove tecnologie di mobilità.