Fuori Giri

Blues Brothers, l’Auto protagonista del film: un mito nel … mito

Nel mondo del cinema poche auto riescono a essere identificate come leggendarie come la Bluesmobile dei Blues Brothers, film che Italia 1 proporrà sabato 2 gennaio alle 23.20

Una delle pochissime Bluesmobile usate nel film fa parte delle proprietà dei Chicago Blackhawks (Getty Images)

Quando John Landis, alle prese con il canovaccio del film Blues Brothers, vide quella vecchia Dodge Monaco del 1974 incidentata e venduta all’asta per poche decine di dollari ebbe un’idea che rivoluzionò il film. E creò una leggenda: “La renderemo l’auto più devastante della storia del cinema”.

Blues Brothers, tredici auto diverse

Landis litigò pesantemente con la produzione del film i cui costi nel frattempo stavano cominciando a impennarsi. Perché la pretesa del regista era quella di rendere il suo capolavoro un autentico mito: “Dovremo distruggere auto come se non ci fosse un domani” disse il regista. E cambiò a una a una tutte le scene che coinvolgevano auto fino a che non fossero tutte distrutte. L’unica a sopravvivere doveva essere lei, la Bluesmobile.

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Tredici Bluesmobile

I manager della Universal Studios, loro malgrado, accettarono e investirono prima 200mila dollari, poi altri 450mila per acquistare auto che sarebbero state sfasciate nel corso delle riprese. La Bluesmobile, il cui primo esemplare fu comprato a un’asta della California Highway Patrol (proprio la CHP dei mitici Chips Poncherello e Baker), fu scelta tra una decina di modelli diversi. La scelta cadde sulla Dodge Monaco. Perché Landis venne a sapere da un consulente che molte altre forze di polizia le utilizzavano: e riuscì ad accaparrarsene ben tredici…

Il resto è storia: nel film la Bluesmobile appare quanto Elwood Blues (Dan Aykroid, uno degli autori del film) va a prendere suo fratello Jake (il compianto John Belushi) appena uscito dal ‘collegio’, il carcere di Joliet.

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La banda

A bordo della Bluesmobile, Elwood e ‘Joliet’ Jake evitano i posti di blocco della polizia che gli dà la caccia a causa dei loro precedenti; tentano di investire un gruppo di manifestanti dell’ultradestra nazionalista (i nazisti dell’Illinois), seminano il panico in un centro commerciale devastando negozi e tutto quello che la loro auto incontra. Poi promuovono il loro concerto nella sala grande del Palace Hotel sulle rive del lago Wazzapamani  e infine raggiungono l’ufficio del fisco di Chicago e versare i cinquemila dollari destinati a salvare l’orfanatrofio nel quale erano cresciuti, travolto da debiti e tasse.

I cultori conoscono questo film a memoria, istante per istante: la Bluesmobile è un mito, che nasce da episodi concreti.

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The Blues Brothers: la locandina originale del film del 1980 (Foto: Youtube)

Aneddoti e verità

L’auto a un certo punto viene filmata durante un inseguimento mentre viaggia a 118 miglia all’ora, quasi 190 km/h. Pochi sanno che Landis pretese che l’auto andasse esattamente a quella velocità e che in due take alla guida ci fosse proprio Dan Aykroyd, protagonista di un clamoroso incidente durante le riprese dalle quali uscì illeso.

Un altro dettaglio riguarda la gigantesca tromba con la quale i due fratelli Blues promuovono il loro concerto: fu Aykroyd a trovarla personalmente… un allarme utilizzato negli anni ’50 nel pieno della guerra fredda, quando si temeva l’attacco missilistico dei sovietici.

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Le nuove Bluesmobile

Quando il film fu ripreso con un sequel, nel 2000, John Belushi ormai era scomparso da diversi anni, la Ford pretese di fornire tutte le auto necessarie ‘alla banda’. La scelta cadde su una Crown Victoria del 1998. La vecchia Bluesmobile nel frattempo era diventato un oggetto di culto dei collezionisti. Al momento risultano esserci cinque Bluesmobile utilizzate nel film e ratificate come ‘genuine’. Una di queste appartiene tuttora a John Landis.

Ma la Bluesmobile è anche una delle auto più replicate dagli appassionati: insieme alla Deloran di “Ritorno al Futuro”, alla Generale Lee di “Hazzard” e alla Cadillac Futura Miller Duplex dei “Ghostbusters”. Un po’ più problematico riprodurre la mitica “Supercar”, ben più costosa.

Stefano Benzi

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