F1 GP Austria, la storia: Rindt e Lauda, due fuoriclasse di razza

Per essere un paese che non vanta grandi tradizioni nella produzione automobilistica, l’Austria ha offerto ampie pagine di storia dedicate al mondo della velocità.

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Niki Lauda festeggia il suo terzo titolo mondiale nel 1984 con la McLaren (Getty Images)

Sono ben sedici i piloti di Formula Uno nati in Austria e anche se per alcuni di loro l’esperienza nel campionato automobilistico di punta è stata estemporanea e fugace, la loro impronta rimane non soltanto all’interno dei database ma anche nella memoria di tutti gli appassionati.

Jochen Rindt, il primo kaiser d’Austria

Jochen Rindt, attivo per sette anni consecutivi tra il 1964 e il 1970 fu il primo pilota austriaco a vincere un titolo mondiale. E sono in molti a ritenere che senza la sua tragica morte avvenuta a soli 28 anni all’autodromo di Monza, era il 5 settembre 1970, la sua carriera potesse portare a successi importanti che avrebbero cambiato la storia dell’automobilismo austriaco. Rindt non è stato solo il primo pilota austriaco a conquistare un campionato del mondo di Formula 1.

Paradossalmente è stato anche l’unico che non ebbe modo di festeggiarlo e monetizzarlo. Il titolo che vinse, infatti, fu proprio quello del 1970. Quando si andò a schiantare a quasi 250 km all’ora nei pressi della parabolica di Monza, Rindt – di fatto – era già campione del mondo. Reduce dal successo proprio nel Gran Premio d’Austria e con ben cinque vittorie all’attivo in quella stagione. In tutta la carriera ne conquisterà sei. Il titolo gli viene assegnato postumo con una cerimonia pubblica a Parigi, in Place de la Concord: il trofeo sarà consegnato alla vedova, giovanissima e con una bimba nata da poco.

L’unico mondiale postumo della storia

Decisivi cinque soli punti di vantaggio su Jackie Ickx che con due vittorie in Canada e Messico e un quarto posto a Watkins Glen negli Stati Uniti non riuscirà a scalzare il pilota austriaco dalla prima posizione.

Molti sostengono che Ickx non volesse quel titolo e che i problemi meccanici che lo afflissero a Watkins Glen siano stati solo una copertura per evitare polemiche e dietrologie. In realtà il pilota belga non confermò mai queste voci. Anzi… “Avrei voluto vincere quel mondiale perché come qualsiasi altro pilota corro per vincere e come qualsiasi sportivo devo dare il massimo nei confronti di sponsor, colleghi e tifosi. Ma sono contento che il titolo sia andato a Jochen Rindt, e non per il modo in cui è morto tragicamente ma perché era un pilota straordinario. Con un grande intuito e un coraggio da leoni”.

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Jochen Rindt su una Cooper Maserati a Siverstone (Getty Images)

La leggenda e il testamento di Rindt

Jochen Rindt è sepolto a Graz, poco lontano dal circuito di Spielberg che gli ha dedicato la curva sette. Quest’anno, in occasione del cinquantesimo anniversario della sua morte, saranno molti i piloti e gli appassionati che si stringeranno intorno alla sua famiglia, in particolare alla figlia Natasha che oggi ha cinquantuno anni e che ne aveva solo due quando il padre morì. Lei e la madre, la modella finlandese Nina Lincoln, all’epoca bellissima e famosissima, hanno sempre mantenuto molto vivo il ricordo di Rindt anche perché Nina non era solo la moglie di un pilota, ma la figlia di un altro grande campione, Curt Lincoln. Madre e figlia matengono la fondazione e il sito ufficiale che porta il nome del campione scomparso e che è tutt’oggi molto frequentato dagli appassionati.

Inevitabilmente molti ritengono che il mito di Rindt abbia fortemente influenzato Niki Lauda che oggi viene ritenuto il più grande pilota austriaco di sempre. Intanto perché di mondiali ne ha vinti tre e poi perché, come recita la sua biografia, ha visto la morte in faccia senza spaventarsi più di tanto. Ci si riferisce al drammatico incidente del Nurburgring che lo vede rientrare in pista poche settimane dopo essere stato in fin di vita, arso vivo nella sua Ferrari 312.

Nella realtà tuttavia Lauda era molto diverso da Rindt. Più calcolatore meno spregiudicato ed estremamente attento a ogni aspetto che riguardasse l’auto, il circuito e l’ambiente. Se Rindt era un pilota estremamente istintivo e aggressivo, Lauda era un vero e proprio calcolatore elettronico, cosa che non gli ha impedito di correre rischi impressionanti. Come quando decise di tornare in pista dopo il drammatico incidente del 1976. Salvo poi ritirarsi all’ultima gara, in Giappone, corsa sotto un diluvio dalla quale Lauda si chiamò fuori “perché correre era una follia”.

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La modella Nina Lincoln, vedova di Joachen Rindt con il trofeo del mondiale 1970 vinto dal marito scomparso (Getty Images)

Niki Lauda, il secondo imperatore d’Austria

Tutto in Austria, soprattutto nella Stiria e in occasione del Gran Premio nazionale, parla di Niki Lauda. In particolare perché il ricordo della sua morte, avvenuta lo scorso anno a 70 anni al termine di una vita avventurosa, piena e ricca di grandi soddisfazioni non solo sulle piste, è ancora molto recente.

Lauda ha corso in Formula 1 in due diversi periodi per otto anni prima di ritirarsi nel provvirosiamente nel 1979 e per altri quattro poi, tra il 1982 e il 1985. Cinque le scuderie con cui ha lavorato virgola in particolare Ferrari e McLaren, tre i titoli mondiali conquistati, due con la rossa e una nel 1984 quando riporta l’inno austriaco davanti al pubblico di casa andando a vincere a Zeltweg, altro tempio sacro della velocità in Stiria. È qui che  dopo il 1970, proprio quando a vincere fu Rindt, l’austra festeggia il mondiale di Formula 1.

Il capolavoro di Lauda

La gara di Lauda in quell’occasione fu un capolavoro. Il duello era soprattutto tra lui e il brasiliano Nelson Piquet protagonista fin dalle prove con un’eccellente pole position. Con Alain Prost e Patrick Tambay giocare da avversari scomodi, Lauda conduce una gara di rincorsa. Primava a superare prima Tambay e poi sorpassa Piquet, rallentato nel finale da problemi alle gomme. Alle sue spalle, al terzo posto, l’indimenticabile Michele Alboreto. Lauda conquistò il titolo mondiale con solo mezzo punto di vantaggio su Alain Prost. Molti ritengono che la sua vittoria si concretizzò proprio in Austria, nel Gran Premio di casa, quando il francese dopo qualche giro in grande evidenza, fu costretto al ritiro.

Prost conquistò le vittorie in Olanda al Nurburgring e in Portogallo. Ma con i suoi piazzamenti e la sua condotta estremamente costante nella seconda parte del campionato,  (tre vittorie, tre secondi posti e un quarto posto nelle ultime 7 gare), Lauda riuscirà a compiere il suo ennesimo capolavoro. I tifosi intorno a Spielberg pur non potendo assistere al Gran Premio hanno lasciato diversi banner commemorativi per Kaiser Rindt e l’imperatore Lauda.

Due piloti profondamente diversi e che in modo differente, ma sostanziale, hanno regalato all’Austria un posto al sole nella storia della Formula 1.

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La McLaren di Niki Lauda nella stagione del mondiale 1984 (Getty Images)
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