Ferrari verso il GP 1000, storia del Cavallino in F1: gli anni Ottanta

Per celebrare il GP numero 1000 della Ferrari in Formula 1, ripercorriamo tutta la storia del Cavallino nel circus. La quarta puntata è dedicata agli anni Ottanta

Ferrari verso il GP 1000, storia del Cavallino in F1: gli anni Ottanta
Ferrari verso il GP 1000, storia del Cavallino in F1: gli anni Ottanta

La fine di un’epoca. Gli anni Ottanta del Cavallino procedono in almeno tre atti scanditi dal trauma per la morte in pista di Gilles Villeneuve, dal sogno rimasto tale di vedere Michele Alboreto campione del mondo e dalla scomparsa di Enzo Ferrari.

Dopo il titolo di Scheckter nel 1979, la Ferrari fa fatica nel 1980. La perdita di competitività della 312 T5, elaborazione della monoposto campione del mondo l’anno prima, è inspiegabile. Crescono intanto le tensioni fra Jean Marie Balestre, presidente della FISA (la Federazione Internazionale degli Sporti Automobilistici), e Bernie Ecclestone capo della FOCA (l’associazione dei costruttori di Formula 1). La stagione, da archiviare in fretta nel cassetto dei brutti ricordi, si chiude con il ritiro di Jody Scheckter.

La Ferrari archivia anche il motore aspirato da 3000 centimetri cubi in favore del sovralimentato, un biturbo da 1,5 litri di cilindrata veloce quanto inaffidabile. La coppia Villeneuve-Pironi, il biondino soprannominato “Cicciobello” per la somiglianza con il bambolotto con i capelli a caschetto, chiude al quinto posto la stagione. Tra le poche gioie le due vittorie di Villeneuve.

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Ferrari, la scomparsa di Villeneuve

Ferrari, la scomparsa di Villeneuve 
Ferrari, la scomparsa di Villeneuve

A Monaco trionfa in maniera poco appariscente, lontana dal suo stile. Diventa il primo pilota capace di affermarsi sul toboga intorno al porto di Montecarlo con un motore turbo e il secondo a finire sulla copertina della rivista USA Time dopo Jim Clark nel 1965.

Decisamente più tenace e spettacolare la difesa al GP di Spagna in cui per oltre cinquanta giri tiene dietro avversari con monoposto più veloci e performanti. La Scuderia chiude al quinto posto nel Mondiale costruttori ma celebra fuori dalla pista la vittoria più significativa. Enzo Ferrari infatti media tra la FISA e la FOCA: nasce così il primo Patto della Concordia.

Il 1982 ha un’aura funesta. Nelle qualifiche del GP del Belgio muore Gilles Villeneuve. La sua Ferrari si impenna e decolla dopo un incidente con la March di Jochen Mass. Sua moglie, rimasta a Montecarlo per la comunione della figlia, si precipita a Lovanio e acconsente a staccare le macchine. Sono le 21.12 dell’8 maggio. E a morire di maggio ci vuole tanto, troppo coraggio.

L'incidente che ha provocato la morte di Gilles Villeneuve
L’incidente che ha provocato la morte di Gilles Villeneuve

Il rosso smette di essere il colore della passione, diventa l’orizzonte del sangue e del dolore, confine oltre il quale non si deve guardare. In Germania un altro terribile incidente, dalla dinamica non troppo diversa, conclude la carriera di Pironi che è comunque secondo in classifica a fine anno nonostante abbia corso 10 gare su 16. La competitiva 126 C2 garantirà alla Scuderia il titolo Costruttori.

Nel 1983 la FISA mette fine per regolamento alle vetture a effetto suolo. La Ferrari presenta un’evoluzione della 126 C2, poi la C3 solo dal GP di Gran Bretagna, e si conferma in vetta al Mondiale costruttori.

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Alboreto, l’ultimo italiano a vincere con la Rossa

Alboreto, l'ultimo italiano a vincere con la Rossa
Alboreto, l’ultimo italiano a vincere con la Rossa

Per limitare la potenza dei motori, la Federazione dal 1984 limita a 220 litri la capacità dei serbatoi e vieta i rifornimenti a gara in corso. La Ferrari torna a scegliere un pilota italiano undici anni dopo Arturio Merzario. Il Drake chiama Michele Alboreto, scoperto da Ken Tyrrell, accanto ad Arnoux. Sarà l’ultimo italiano a vincere un Gran premio di Formula Uno al volante di una Ferrari. Un grande pilota, un uomo nobile, di quella nobiltà che nasce dalla pacata generosità, dalla professionalità, dalla disponibilità non ostentata.

“Alboreto è stato un pilota importante nella storia della Ferrari”, ha detto Luca Cordero di Montezemolo commentando la sua morte per un’incidente al Lausitzring, la stessa pista su cui avrebbe rischiato la vita Alex Zanardi, nel 2001. “Intelligente e sempre attento alle problematiche tecniche dello sviluppo delle vetture, Michele continuava a correre, spinto da un’insopprimibile passione – aggiungeva -. Dimostrava che questo nostro sport, che coinvolge in maniera assoluta, racchiude sempre il rischio dietro l’angolo”.

Pensoso e leggero, serio senza essere eccessivamente serioso, ha vinto tre GP con la Ferrari con cui ha lottato per il Mondiale almeno per una parte della stagione 1985. La Ferrari 156-85 di quell’anno riesce a mantenersi nei primi posti della classifica grazie a un motore che in qualifica superava anche i mille cavalli di potenza. Ma dopo una vittoria in Germania iniziano i guai per la Ferrari.

Il “Drake” sospetta un complotto da parte della KKK, azienda tedesca che fornisce le turbine a Maranello e alla McLaren che monta i motori tedeschi Porsche. Perciò impone di passare alle turbine USA della Garrett a stagione in corso ma il motore non si può riprogettare di punto in bianco. Seguono quattro ritiri di fila e addio titolo.

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Barnard il visionario, addio a Enzo Ferrari

Gerhard Berger su una Ferrari
Gerhard Berger su una Ferrari

Dopo un pessimo 1986, Enzo Ferrari decide di assumere John Barnard che alla McLaren aveva per primo introdotto il telaio in fibra di carbonio vincendo cinque titoli mondiali fra piloti e costruttori. La stagione delude ma il finale è in crescendo. Il Giappone e in Australia Gerhard Berger centra pole e vittoria. La Ferrari non vinceva da 37 gran premi.

Barnard rimane in Inghilterra, proibisce il vino a pranzo ai meccanici, una volta durante i test a Imola fa cacciare dal box la moglie di Piero Ferrari. È convinto che il team abbia preferenze per Alboreto e certo non aiuta a migliorare il clima nel team. Nel 1988 la McLaren domina, a parte la commovente eccezione del celebre GP Monza, doppietta Rossa nella prima gara dopo la morte di Enzo Ferrari.

Per il 1989 Barnard presenta la F1-89, una monoposto futurista, troppo in anticipo sui tempi. È la prima in Formula 1 con il cambio elettro-idraulico e i comandi al volante. La chiameranno “papera” per il muso a becco d’uccello che sarebbe diventato normale anni dopo. I risultati però stentano ad arrivare per continui problemi di affidabilità. La Scuderia, con il nuovo direttore sportivo Cesare Fiorio, vince con Mansell al debutto della nuova monoposto. Il Leone si afferma in Ungheria, Berger in Portogallo.

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